domenica 12 gennaio 2014

PERCHE' MANGIAMO LA CARNE

Iniziamo con una premessa, così tanto per far riflettere.

Gli animali più forti e resistenti in assoluto sul nostro pianeta sono vegetariani, i più longevi sono vegetariani, i più prolifici sono vegetariani, gli animali più pacifici sono vegetariani. Ma non solo.
Moltissimi atleti e persone che hanno compiuto grandi imprese sportive sono vegetariani, a testimonianza che l’alimentazione vegetariana fornisce tutte le sostanze e tutte le energie per sopportare le imprese più faticose.
A fine post troverete l’elenco degli atleti e dei loro primati.     



                                                                                                  








     


















Chi di voi, non ha sentito almeno una volta o non ha pronunciato la frase "bisogna mangiare un po' di tutto"?
Quando parliamo di alimentazione, ci si basa ancora su vecchie frasi fatte, ripetute di generazione in generazione.
Mangiare un po' di tutto è un concetto troppo generico.
Soprattutto quando si parla di salute.
Quando parliamo di carne, in realtà dovremmo essere più precisi.
Sono le proteine ad essere nutrizionalmente essenziali, non la carne in sé.
Ma facciamo un passo indietro.

L'alimentazione degli italiani si è profondamente modificata negli ultimi decenni. Il momento chiave è stato il passaggio dal periodo in cui il nostro Paese usciva dalle gravi restrizioni della guerra e del dopoguerra a quello in cui il livello di reddito pro-capite (e quindi di benessere) è andato via via aumentando. Negli anni immediatamente successivi alla guerra l'alimentazione, infatti, era ancora subordinata alle possibilità economiche e rimaneva un segno distintivo di appartenenza a gruppi sociali ben definiti.
Chi poteva, dunque, comprava generi alimentari più cari, come appunto la carne. 
L'associazione carne-proteina affonda le sue radici in questo momento storico. 
Da allora la carne ne ha percorso di strada (in tutti i sensi).

Le proteine vennero scoperte nel 1839 da J.Mulder, un chimico olandese.
Col passare dei decenni vennero considerate un nutriente di estrema importanza.
All'inizio si pensava che le proteine fossero contenute solo nei cibi animali, solo alcuni anni più tardi si scoprì che anche le piante contenevano proteine. Nonostante questo, nel corso degli anni le proteine sono state associate prevalentemente ai cibi animali. Quando vennero scoperte e riconosciute le proteine vegetali, si continuò ad affermare che quelle animali, erano utilizzate dal nostro corpo in maniera più efficiente rispetto a quelle vegetali.
Questo, perché, veniva considerata unicamente l'efficacia con cui le proteine venivano usate per favorire la crescita.
(Eppure gli animali più grandi sono erbivori!!).
Fu così che le proteine animali vennero considerate di miglior qualità e di valore biologico più elevato.
Questo concetto erroneo ha contribuito a confondere l'opinione pubblica, tanto che ancora oggi la maggior parte delle persone crede che le proteine animali siano migliori di quelle vegetali. 
Un mito da sfatare.
Ciascun cibo vegetale contiene in adeguate quantità la maggior parte dei componenti di base delle proteine: gli amminoacidi
Se mangiamo vegetali diversi, assumeremo l'intera varietà di amminoacidi che servono per formare le proteine. 



Ecco la lista dei alcuni vegetariani famosi:

Brian Adams, Margherita Hack, Antony Hopkins, T. Colin Campbell, Pino Caruso, Bill Clinton, Elvis Costello, Bob Dylan, Eraclito, Epicuro, Empedocle, Gandhi, Roberto Gervaso, Jane Goodall, AL Gore, Franz Kafka, John Harvey Kellogg, Nastassja Kinski, Carl Lewis, Leona Lewis, Dacia Maraini, Gianroberto Casaleggio, Moby, Morrissey, Isac Newton, Prince, Richard Wagner, Osho, Dorina Vccaroni, Eddie Vedder, Umberto Veronesi, River Phoneix, Pink, Pitagora, Plutarco, Natalie Portman,  Dennis Rodman, George Bernard Shaw, Lec Tolstoj, Mike Tyson, Jung, Tolstoj, Pitagora, Seneca, Virgilio, Platone, Darwin, Leonardo Da Vinci, Freud, Schopenhauer, Berdard Shaw, Wagner,  Paul Mc Cartney, Bob Dylan, John Lennon, Edoardo De Filippo, Sting, Moravia, Thomas Edison, Albert Einstein, Edison, Nikola Tesla, Erasmo da Rotterdam, Alfonse Marie de Lamartine, Plutarco, Jean Jacques Rousseau, Rudolf Steiner, Voltaire, Ovidio, Hermann Hesse....




  • ELENCO DI ALCUNI PRIMATI DI ATLETI VEGETARIANI IN GARE ATLETICO-SPORTIVE:


  • Paavo Nurmi leggendario recordman mondiale di marcia
  • Piero Venturato, due volte campione mondiale di culturismo, sette volte campione italiano, cinque volte campione europeo
  • Alex Rabassa, atleta portoghese, partendo da Barcellona il 12 febbraio 1983 ha percorso 32.000 km. di marcia in 500 giorni
  • Gelindo Bordin, campione mondiale di maratona
  • E. Zatopek, il leggendario atleta vincitore di molte medaglie
  • Miles, campione del mondo di tennis per 10 anni
  • Dose, atleta tedesco, unico vegetariano fra i 16 partecipanti. Nelle gare di Lipsia arrivò primo con 30 minuti di anticipo sull’orario previsto
  • Karl Mann, vincitore della Dresda-Berlino di 202 km. in 26 ore e 52’, anticipando di 2 ore il secondo arrivato
  • Enzo Maiorca, primatista mondiale di immersione in apnea
  • Dave Sott ( Triathlon Iron Man sei volte campione)
  • Edwin Moses (400 metri a ostacoli record mondiale)
  • Martina Navratilova (Tennis)
  • Carl Lewis (salto in lungo e velocità)
  • Scott Jurek VEGANO (Maratoneta)
  • Andreas Zahlung (Body building)
  • Billie Jean King (Tennis)
  • Debbi Lawrence (Maratona)
  • Desmond Howard (football americano)
  • Pierre Vérot (Sci: record di resistenza di sci alpino 83 ore e 2 minuti nel 1982)
  • Ridgely Abele (Karate e Jujitsu)
  • Robert Sweetgal (Marcia)
  • Al Oerter (Lancio del disco 4 titoli consecutivi)
  • Antony Peeler (Basket)
  • Bill Pearl (Body Building)
  • Murray Rose ( Nuoto vincitore di tre medaglie d'oro contemporanee nel 1960) vegetariano dalla nascita
  • Ruth Heidrich (Triathlon Iron Man)


martedì 26 novembre 2013

LATTE MATERNO VS LATTE VACCINO A VOI LA SCELTA

La decisione di dare al proprio bambino il latte materno è probabilmente una delle scelte più importanti in materia di nutrizione.

Una scelta che avrà conseguenze sulla sua salute e sul suo sviluppo.
Bisognerebbe capire se realmente si è compresa l’importanza della nutrizione e di quanto questa possa condizionare in futuro la salute dei bambini.
Possiamo considerare il latte materno come il miglior alimento per i neonati, in quanto fornisce tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno e la cui composizione si modifica a seconda delle necessità del neonato, anche all’interno della stessa poppata. Ma non solo. U
n bambino allattato al seno riceve dal latte materno una naturale immunità ad allergie ed infezioni, oltre ad essere sempre batteriologicamente puro.
Il latte vaccino, invece, non conferisce nessuna immunità e per essere batteriologicamente puro deve subire dei processi che lo riscaldano portandolo a temperature capaci di uccidere i microbi patogeni. La pastorizzazione è vero che permette di diminuire la carica microbica del latte, per contro però determina modificazioni chimiche nei nutrienti che li rendono meno biodisponibili, in particolare per quanto riguarda le vitamine termolabili (B e C) e alcuni minerali.Distrugge, inoltre, l’enzima lattasi, che rende possibile la scissione del lattosio. 
Non sappiamo esattamente quando, si è instaurata la convinzione che il latte vaccino sia il degno sostituto di quello materno.
Quello che sappiamo è che la scelta di allattare al seno viene scartata, indipendentemente dalla motivazione, proprio in virtù di questa convinzione.

Un dato di fatto: in natura siamo l’unica specie, che dopo lo svezzamento, beve il latte e persino di un’ altro animale. Eppure a
partire dall’ età di tre anni circa, il nostro corpo smette di produrre l’enzima lattasi che ci aiuta a scindere e digerire il lattosio, cosa che dimostra come il latte materno o vaccino che sia, non siano più indispensabili dopo una certa età.
In natura, il latte di ogni specie, prodotto dalla secrezione delle ghiandole mammarie dei mammiferi dopo il parto,  va ad esclusivo beneficio e vantaggio di quella specie, quello materno è sicuramente in armonia con il metabolismo dell’uomo e corrisponde esattamente alla costituzione biologica del neonato

L’uso di latte artificiale, presentato come la norma, non dovrebbe essere nemmeno pubblicizzato, anzi, dovrebbe essere considerato una soluzione di ripiego in quei rarissimi casi in cui la madre è impossibilitata ad allattare.
                                                                        
Vediamo le differenze nello specifico, anche se bisogna tenere a mente che i dati riportati hanno un valore indicativo, in quanto, la composizione del latte, seppure nell'ambito della stessa specie, varia in funzione della razza, della stagione, del tipo di alimentazione, dello stato di salute dell'animale, ecc…
LATTOSIO GRASSI PROTEINE CALCIO
LATTE MATERNO 7,2 3,5 0,9 33
LATTE VACCINO 4,9 3,5 3,6 118
Partiamo dai glucidi. Il lattosio (carboidrato presente in maggior misura) è particolarmente abbondante nel latte materno, questo perché il cervello dei neonati cresce rapidamente e necessita di questo zucchero come rifornimento facilmente disponibile e continuo. Il latte di vacca ne contiene di meno, in quanto il cervello del vitello, non si svilupperà tanto quanto quello umano, quindi nel latte artificiale il produttore "è costretto" ad aggiungere lo zucchero. Il lattosio è inoltre, indispensabile per lo sviluppo del sistema nervoso centrale, per la produzione di mielina e favorisce, nello stesso tempo, la proliferazione dei lattobacilli beneficiosi. Questi lattobacilli instaurano condizioni di normalità nel tratto intestinale del neonato che alla nascita risulta completamente sterile e che viene immediatamente colonizzato a partire dal parto.
In quel momento viene colonizzato dai microorganismi con cui viene a contatto provenienti dal tratto riproduttivo della madre, successivamente i batteri provengono dall'allattamento. 

Questo significa che il tipo di allattamento, materno o artificiale, è la prima discriminante per la costruzione di una buona microflora in grado di proteggere dalle intolleranze alimentari o, al contrario, di una microflora come fattore di innesco di intolleranze. Vediamo perché: Il latte materno costituisce, come abbiamo visto, una fonte straordinaria di batteri amici che facilitano la costruzione;di una barriera intestinale efficiente, capace di filtrare gli elementi nutritivi e di respingere, invece, le macromolecole del cibo. L'intestino del neonato è permeabile per poter permettere il passaggio di fattori di crescita ed anticorpi, presenti nel latte materno, che sono direttamente funzionali alla crescita e allo sviluppo del suo sistema immunitario. Nei bambini allattati al seno la permeabilità decresce per preparare il bambino al momento in cui dovrà, con lo svezzamento, lasciar passare i nutrienti e respingere le macromolecole. Nei bambini allattati artificialmente l' intestino rimane permeabile anche durante lo svezzamento, predisponendolo all'ingresso di macromolecole alimentari e allo sviluppo di intolleranzeCome si manifestano le intolleranze?


Intestino: pancia gonfia, diarrea e stitichezza.
Apparato respiratorio: bronchiti, otiti, tonsilliti ricorrenti. 
Cute: dermatiti, eczemi.
Sistema nervoso: irritabilità, disturbi del sonno, scarsa attenzione a scuola.
Ovviamente le intolleranze si manifestano anche negli adulti.
Ecco un breve schema.
Intolleranze negli adulti
Il problema, purtroppo si aggrava con l'introduzione del latte vaccino. 

Ma Facciamo un passo indietro.
Ilatte vaccino, presenta una concentrazione di proteine tre volte superiore rispetto a quello materno.
I vitelli, infatti, hanno bisogno di crescere in fretta.
Il normale fabbisogno di proteine dei neonati si aggira sui 1,8 grammi.
Con l'assunzione di latte vaccino, la dose giornaliera sale a 7-8 grammi di proteine.
Perché in questi casi non vengono rispettate le dose giornaliere raccomandate dal Ministero della Salute?
Allora ecco che i produttori di latte artificiale riducono il contenuto di proteine.
Purtroppo però la fonte di provenienza di tali proteine fa sì che qualitativamente siano molto diverse da quelle del latte umano. 
Facciamo subito un esempio: nel latte vaccino la percentuale maggiore è costituita da una proteinala caseina, difficile da digerire. 
Questa proteina forma dei composti gommosi nell’intestino del bambino, non è un caso che i bambini non allattati dalla madre siano particolarmente soggetti a coliche. Al contrario, il latte umano contiene una percentuale molto bassa di caseina che, comunque, risulta essere specie specifica e quindi digeribile dal neonato.
La caseina ha la tendenza ad incollarsi alla mucosa intestinale, causandone l'infiammazione ed il peggioramento della permeabilità. 
Non a caso, ricordiamo che la caseina viene utilizzata come colla.
Viene utilizzata ad esempio, per incollare le etichette delle birre o per il fissaggio del legno.



Parliamo adesso dei grassi. In quello materno c’è un 55% di acidi grassi polinsaturi (Alfa-linolenico, appartenente alla famiglia degli omega-3 e l’ acido Linoleico, appartenente a quella degli omega-6) e un 45% di insaturi I polinsaturi sono indispensabili per la produzione di energia, per la formazione delle membrane cellulari - a cui conferiscono elasticità e flessibilità - per la regolazione della pressione sanguinea, per il corretto equilibrio e produzione ormonale, oltre ad  accellerare e ottimizzare  la crescita della mielinizzazione del sistema nervoso centrale.

Al contrario, il latte di vacca contiene un 70% di acidi grassi saturi e 30% di poliinsaturi. Inoltre questo 30% di poliinsaturi perde le sue proprietá per effetto del calore. 

















Passiamo al calcio.

Il calcio tanto reclamizzato nel latte vaccino viene male assorbito dall'organismo dall'uomo, perché e associato con una percentuale troppo alta di fosforo, (fattore inibente) e alla caseina. Paradossalmente, gli esseri umani assorbono meno calcio dal latte vaccino, che ne è ricco, che da quello materno, che ha, invece, un contenuto inferiore. 
Quello che è importante ai fini dell’assorbimento è il rapporto Calcio/Fosforo, che nel latte di donna è di 2:1 (nel latte vaccino è di 1:1); questo rapporto è ottimale per l’assorbimento del calcio.
Il giusto assorbimento si traduce sul piano clinico in un’azione protettiva del latte materno nei confronti dell’ipocalcemia neonatale e di prevenzione del rachitismo nei mesi successivi.

Per concludere: esiste un'Associazione di volontariato composta da Mamme che si chiama La Leche League che si dedica al sostegno delle mamma che desiderano allattare.
Non offrono consigli, piuttosto informazioni aggiornate e valide scientificamente, affinché la mamma in questione possa sviluppare da sola le conoscenze necessarie prima di prendere una decisione così importante: allattare o meno il proprio bambino. www.lllitalia.org





martedì 2 ottobre 2012

CHI GLIELO DICE A QUELLI DEL MULINO CHE IL LATTE FA MALE?

Quando si cerca di spiegare le ragioni per cui si dovrebbe smettere di dare ai neonati e ai bambini il latte vaccino ci si scontra contro una montagna fatta di conoscenze tramandate, basate sulla tradizione familiare e sulla convinzione che queste conoscenze siano verità assoluta. Due sono le ragioni per cui si pensa che il latte vaccino sia il giusto sostituto di quello materno.  La prima va cercata nella non consapevolezza dell’importanza del latte materno come unico alimento realmente adatto alla crescita e sviluppo dei neonati e bambini. La seconda, in quell’operazione di marketing portata avanti dall’industria casearia e dai pediatri che hanno un gran potere di convinzione sulle madri alle prime armi. A tutto questo si aggiunge che molte di loro, hanno rinunciato ad allattare per ragioni di tempo, affidandosi prima al latte in polvere e poi a quello fresco pastorizzato.  
Purtroppo le nostre abitudini alimentari, molto spesso erronee, ci fotoblog lattepolvereportano  verso un ‘ alimentazione non solo carente ma soprattutto non specifica per le nostre necessità.
Senza dubbio sradicare dalla nostra mente convinzioni e preconcetti secolari, non è semplice soprattutto quando siamo  ancora oggi bersaglio di pubblicità ingannevoli quanto basta per tramandare ai nostri figli la quotidianità di una colazione fatta con latte e biscotti.
Per poter capire le ragioni di chi afferma che il latte di mucca è nocivo per la nostra salute, bisogna avere la forza di dubitare delle proprie certezze. Iniziamo dicendo che di tutti i mammiferi, l’uomo è l’unico che si avvale del consumo di latte anche dopo lo svezzamento. Così come il vitello beve il latte vaccino per crescere e per diventare una mucca, l’uomo deve bere il latte materno per assumere quelle sostanze fondamentali per la sua specie e diventare così un uomo. E’ chiaro che ogni latte è specie-specifico. Ecco perché vi sono delle differenze significative nella composizione del latte delle distinte specie. Ecco qui uno schema della composizione del latte di diversi mammiferi.

LATTE PROTEINE  gr LATTOSIO
gr
GRASSI gr ACQUA gr CALCIO mg
Donna 0,9 7,2 3,5 88 33
Cavalla 2,2 5,9 1,5 90 90
Asina 1,5 6,2 1,5 90
Mucca 3,6 4,9 3,5 87 118
Capra 4 4,5 4,3 86 141
Pecora 6 4,5 7,5 81 180
Bufala 4,8 4,7 7,5 82
Scrofa 6 5,4 6 82 178
Gatta 9 5 5 80 240
Cane 10 3 10 75 325
Ratto 8 2,6 10,3 79
Coniglio 13,5 1,8 12 70 640
Focena 12 1,3 46 40
Balena 10 0,8 35 54
Come si evince dal grafico a seconda delle necessità di crescita e a seconda della frequenza dell’allattamento, il latte sarà più o meno nutriente. I cuccioli delle varie specie nascono a stadi di maturità fisiologica molto differenti, quindi è logico pensare che questo fattore determini una differenza nella composizione del latte specie-specifico. Un altro dato importante da tenere in conto, è lo sviluppo del cervello. I neonati sviluppano come primo organo il cervello mente il bovino sviluppa prima la struttura ossea. Per questo la quantità di lattosio contenuta nel latte materno è doppia rispetto a quella contenuta nel latte vaccino. Questa composizione nutrizionale garantisce nel bambino uno sviluppo cerebrale rapido, nettamente più veloce rispetto a quello del vitellino.  Per contro,  il vitello ha un accrescimento fisico molto superiore e molto più rapido di quello del bambino. Raddoppiano il loro peso dopo appena 47 giorni dalla nascita, mentre il neonato in 180 giorni. Una diversa necessità di accrescimento fisico spiega, dunque, perché il latte vaccino contiene più proteine rispetto a quelle del latte umano. Per 100 grammi di latte, quello umano ne contiene 0,9 contro i 3,6 di quello di mucca. Assumere latte vaccino per un essere umano significa assumere una quantità eccessiva di proteine, di molto superiore al suo fabbisogno. Quest’ eccesso determina un sovraccarico per il fegato e per i reni, che hanno il compito di eliminare i prodotti di scarto del metabolismo proteico. Ma passiamo al calcio. 
L’ industria casearia, ma anche molti medici (a colpi di spot pubblicitari e in virtù di aver studiato medicina) sono riusciti a convincerci non tanto della necessità del calcio per avere ossa forti, quanto della necessità di bere latte. Ci sono riusciti così bene, tanto che ancora oggi siamo convinti che il latte sia l’ unica fonte di calcio.
Un mito che sfatiamo molto volentieri.
Iniziamo dicendo che le popolazioni orientali, che non bevono latte né mangiano latticini o qualsiasi derivato del latte, non soffrono di osteoporosi.
Se i prodotti caseari prevenissero realmente l’osteoporosi, la sua incidenza sarebbe rara nei paesi consumatori di tali prodotti. Eppure a soffrire delle incidenze più elevate sono le nazioni che consumano le maggiori quantità di prodotti caseari.
Q
fotoblog osteoporosiuesto perché l’osteoporosi non è, come abbiamo detto in precedenza in questo blog, una mancanza di calcio quanto una perdita.
Perdiamo il calcio contenuto nelle nostre ossa per colpa di un alimentazione troppo acida.
Per contrastare l’acido il nostro corpo ricorre alle riserve alcaline.
Tutti i prodotti animali, tendono ad acidificare l’organismo.
Sorprendente?
No, si tratta solo di avere le informazioni giuste.
Potremmo partire dicendo che non è importante la quantità di calcio presente nel latte, quanto la capacità del suo assorbimento, o la sua biodisponibilità, che dipende da fattori come il fosforo e la vitamina D.
Il calcio presente nel latte vaccino è poco assimilabile, in quanto il fosforo in esso presente è troppo elevato e inibisce l’assorbimento del calcio stesso.
Le persone che pensano di avere una deficienza di calcio, in realtà seguono solo una dieta molto acida e quindi molto proteica.
fotoblog ph
Il nostro sangue è di natura alcalina. Per mantenere questa alcalinità abbiamo bisogno di una buona percentuale (un ’80% circa) di cibi alcalinizzanti e pochi cibi acidificanti.
Quelli acidificanti comprendono tutti i prodotti animali (carne, uova, pesce, latte e derivati, salumi), i cereali raffinati (pane e pasta bianchi), i legumi, , caffè, alcool, zucchero, tabacco, bibite, farmaci, conservanti, additivi.
Quelli alcalinizzanti comprendono i cereali integralifrutta verdure e le mandorle.
Il calcio che ingeriamo quindi, viene usato dal nostro corpo per neutralizzare gli acidi di
un ‘alimentazione sbagliata.
E se non si beve il latte, né si mangiano i suoi derivati, da dove prendere il calcio?
Sicuramente tra gli alimenti di origine vegetale, quelli con più calcio biodisponibile, sono le alghe. Solo un esempio l’ alga Wakame ne contiene ben 1380 mg.

Ecco qui fonti di calcio alternative al latte di mucca.


LATTE VACCINO 118 mg
SESAMO 783 mg
SPINACI 300 mg
SOIA 260 mg
MANDORLE 252 mg
PREZZEMOLO 245 mg
FICHI SECCHI 190 mg
TOFU 159 mg
RUCOLA 309 mg
CICORIE 188 mg
BROCCOLI 126 mg
FOGLIE DI RAPA 199 mg
Adesso, avendo a disposizione qualche informazione in più, possiamo anche domandarci cosa succede al nostro organismo, quando ingeriamo calcio in eccesso che non riusciamo ad assorbire.
La risposta è che purtroppo i nostri tessuti invecchiano più velocemente, in quanto, tra le altre cose, quel calcio si può depositare sulla pareti arteriali causando ipertensione, oppure nei legamenti e quindi parliamo di artrite.
E’ lecito pertanto ipotizzare, che il latte vaccino possa favorire l’insorgenza di squilibri metabolici e che questi a lungo andare possano condurre a stati di malattia?

venerdì 28 settembre 2012

DOLCIFICANTI ARTIFICIALI ED ALTERNATIVE


Ecco cosa si nasconde dietro o per meglio dire dentro una zolletta di zucchero.
Il vero problema sta nel nell’utilizzo del tutto ingiustificato che viene fatto dello zucchero e non parliamo solo di quello che decidiamo di utilizzare volutamente.
E’  molto più preoccupante il consumo del  cosiddetto zucchero di lavorazione, quello che viene aggiunto negli alimenti anche quando non sono dolci.
Potrebbe stupirci sapere che i wurstel, il ketchup, le passate di pomodoro, l’aceto balsamico, i sughi pronti, i cereali per la colazione, certi tipi di salumi e il pane industriale contengono zucchero.
Ma quali sono dunque le alternative  allo zucchero bianco?
Di certo  ricorrere ai dolcificanti artificiali come saccarina e aspartame, non è una buona idea.
Il fatto che non apportino calorie non significa che siano innocui per il nostro organismo. Vari studi, infatti, hanno dimostrato come l’uso reiterato di questi dolcificanti può essere cancerogeno se assunti in grandi quantità.
Sebbene siano state stabilite delle dosi entro le quali l’assunzione dei dolcificanti artificiali non comporterebbe nessun pericolo, dobbiamo tener presente che biochimicamente siamo tutti diversi e che quindi non reagiamo a queste assunzioni nella stessa maniera.

Sarebbe meglio optare per lo zucchero di canna integrale, in quanto conserva tutte le sue proprietà, attenzione però a  non confonderlo con quello grezzo di canna che comunque è in parte raffinato ma non del tutto sbiancato.
Il vero zucchero di canna ha un leggero retrogusto di liquirizia, è granuloso, marrone ed è umido.
Un discorso simile va fatto per il fruttosio, noto come lo zucchero della frutta.
Una cosa è ingerirlo attraverso un frutto che lo contenga, ben altro è comprare quello attualmente in commercio, che si ottiene convertendo il glucosio presente nell'amido di mais, mediante un processo di isomerizzazione.

Il fruttosio ha un più basso indice glicemico  rispetto al saccarosio e quindi determina un moderato incremento della glicemia. Tuttavia se assunto per lunghi periodi determina obesità, stress ossidativo, danni vascolari, ed ipertensione.
Quindi dovendo scegliere dovremmo optare sempre per i dolcificanti naturali, come per esempio il miele, lo sciroppo d’acero, il malto d’orzo,il succo d’agave o il succo d’uva.
Oppure si potrebbe optare per la stevia, una sostanza dolcificante proveniente dal Sud America, estratta dalle foglie dell’omonima pianta. Foglie, che quando sono disidratate, hanno un potere dolcificante  da 150 a 250 volte rispetto al comune zucchero. Contrariamente allo zucchero i principi attivi della stevia non hanno alcun potere nutrizionale (zero calorie), ed essendo prodotti naturali sono relativamente stabili nel tempo ed alle alte temperature, per cui conservano perfettamente le loro caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde.
Eppure ricordatevi che è solo una questione di abitudine.
Come quella di mettere il sale nell’insalata, o di usare il dado per la preparazione del brodo, sono piccoli gesti che in maniera silenziosa ma quotidianamente peggiorano il nostro stato di salute.
Quando capiamo realmente l’importanza di non zuccherare ciò che beviamo o mangiamo, significa che stiamo prendendo coscienza e conoscenza di un problema che per la prima volta ha fatto si ( insieme ad altri fattori ed abitudini alimentari errate) che la speranza di vita dei bambini che crescono nella nostra società si sia ridotta.
Per ultimo, solo ricordare come si è arrivati a considerare l’utilizzo dello zucchero come un qualcosa di naturale.
In Italia, dagli anni '80, l'industria produttrice di zucchero, per contrastare la concorrenza dei dolcificanti sintetici, mise in atto una campagna pubblicitaria in cui l'uso dello zucchero veniva direttamente collegato allo sviluppo delle facoltà celebrali. Ovviamente non vi è nulla di scientifico dietro questa trovata pubblicitaria.
Ogni essere umano, infatti, è in grado di ottenere il glucosio di cui ha bisogno dalle molteplici sostanze alimentari che non necessariamente sono dolci.

PATOLOGIE DA ZUCCHERO


E’ un gesto abitudinario quello di addolcire ciò che beviamo o mangiamo.
Realmente non siamo consapevoli del fatto che questo semplice gesto può  essere la causa di diversi disturbi e patologie. Un uso eccessivo e prolungato di saccarosio può impoverire la riserva di minerali del nostro organismo, causando osteoporosi e diabete di tipo 2, provocare uno squilibrio glicemico, incrementare il livello dei trigliceridi nel sangue ed essere quindi la causa  non solo di un aumento di peso (visto che si tratta comunque di un carboidrato e che quindi i suoi eccessi si trasformano in grasso), ma anche delle conseguenti patologie coronarie.
Esaminiamo i vari casi.
Per assimilare correttamente lo zucchero raffinato, abbiamo bisogno di vitamine del gruppo B e di minerali come il calcio.
Quindi quanto più zucchero consumiamo tanto più avremo carenze di queste vitamine e minerali,  con tutte le conseguenze che questo può causare.
Una carenza di vitamina B può provocare fatica cronica, mentre la continua perdita di calcio causa  osteoporosi, che non è come tutti pensano  una mancanza di calcio, ma per l’appunto una perdita causata da un’alimentazione troppo acidificante a base di prodotti animali.
Anche lo zucchero, così come tutti i derivati animali, è un alimento acidificante, quindi l’organismo per neutralizzare l’acido deve ricorrere alle scorte alcaline come il calcio. Il problema è costituito dal fatto che il calcio viene appunto sottratto dalle ossa che  guarda caso costituiscono la grande riserva di questo minerale.
Passiamo al diabete di tipo 2.
Il glucosio viene introdotto nelle cellule del nostro corpo grazie all’insulina prodotta dal pancreas. Se i pasti giornalieri sono 5, potremmo dire che per altrettante volte il pancreas lavora producendo insulina.
Mantenere costante la glicemia, cioè la quantità di glucosio nel sangue, è importante in quanto costituisce la fonte primaria dell’energia cellulare. Inoltre, serve per assicurare il normale apporto energetico al cervello, che a differenza di altri organi e dei muscoli non è in grado di immagazzinare riserve di glucosio. Questo compito viene svolto da un sistema di controllo ormonale, che vede coinvolte l’insulina e il glucagone.
La prima entra in funzione quando la glicemia si alza troppo.
Il glucosio in eccesso, infatti, viene trasformato in glicogeno nel fegato, in trigliceridi nel sangue, oppure depositato nel tessuto adiposo.
Il secondo entra in gioco quando la glicemia si abbassa, per esempio, a causa di un digiuno prolungato. La sua funzione è quella di procurare il glucosio andando a prenderlo in primis dalle riserve di glicogeno presenti nel fegato, poi quelle presenti nel tessuto adiposo ed infine può anche trasformare le proteine in energia.
Questo meccanismo può alterarsi a causa della continua introduzione di bevande o alimenti zuccherati. Se oltre ai cibi da cui otteniamo il glucosio, beviamo e mangiamo alimenti con dosi eccessive di zucchero, il nostro pancreas lavora costantemente e il sistema di regolazione di insulina viene alterato facendo si che quei meccanismi che ordinano  i livelli di glicemia nel sangue smettano di funzionare.
Per quanto riguarda lo scompenso glicemico, diciamo che la composizione chimica dello zucchero è abbastanza semplice. Non richiede quindi di un lungo processo di digestione, per cui il nostro fegato non deve sintetizzarlo ed arriva rapidamente al  sistema nervoso ed alle cellule.
Lo zucchero viene assorbito ed agisce direttamente sul sistema nervoso e sul metabolismo. Si avverte come uno stimolo veloce, ma a questo impulso energetico segue una ricaduta, con conseguenti stati di irritabilità, euforia e un continuo bisogno di ingestione di ulteriori quantità di zucchero creando così una forma di dipendenza.
Sono i cosiddetti picchi glicemici. Se continuiamo assumendo zucchero, attraverso una bibita, una caramella, un caffè,  inizia una seconda crisi glicemica ancor prima che la precedente finisca.
Questi continui "stress" ormonali portano un esaurimento delle energie e a un conseguente indebolimento generale che a lungo andare danneggiano il nostro sistema immunitario.
Ed è qui che entra in gioco l’indice glicemico degli alimenti, ossia  la velocità con la quale aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di 50 grammi di carboidrato.

Alimenti con indice glicemico basso rilasciano energia in modo piuttosto costante per un periodo prolungato, permettendo di evitare la sensazione di fame poche ore dopo il pasto. Gli alimenti con indice glicemico elevato rilasciano l'energia sotto forma di glucosio molto più velocemente e questo fa si che la sensazione di fame ritorni a farsi sentire ben presto.

Abbiamo visto precedentemente come il saccarosio che ingeriamo in eccesso può essere trasformato in trigliceridi. Elevati livelli di trigliceridi (superiore a 200 mg / dl) sono associati ad un aumento del rischio di arteriosclerosi e quindi coronaropatia e ictus.

IL MAL DI ZUCCHERO


L’ energia di cui ha bisogno il nostro organismo per poter svolgere al meglio le proprie funzioni proviene dallo zucchero, ma lo zucchero di cui abbiamo bisogno si chiama glucosio.
Purtroppo però si pensa che dire zucchero e dire glucosio sia esattamente  la stessa cosa.
Un malinteso, questo, che genera grandi benefici economici all’industria zuccheriera.
E’ una confusione dovuta al linguaggio, urge quindi un chiarimento.
Per essere più precisi il glucosio è uno zucchero ma non è lo zucchero bianco che tutti conosciamo.
Il glucosio è il nostro combustibile cellulare e svolge un ruolo fondamentale e preliminare in tutte le reazioni chimiche che hanno luogo nel nostro organismo.
Lo otteniamo dalla  frutta,  dalle verdure, così come dal riso e dai cereali (meglio se integrali) e dai legumi e dagli ortaggi.

Lo zucchero bianco, invece, è un non alimento che non apporta nulla al nostro corpo, se non calorie vuote, in quanto tutte le vitamine ed i minerali presenti nella canna da zucchero e nelle barbabietole (da cui si estrae) si perdono nelle fasi di lavorazione. Il suo nome specifico è saccarosio.
Chimicamente parlando, il glucosio e il saccarosio hanno strutture differenti, il che si traduce in capacità ed influenze sull’organismo profondamente diverse.
Il primo è un catalizzatore fornito dalla natura e come tale consente che, ogni giorno, abbiano luogo nel nostro corpo reazioni chimiche metaboliche. Ci fornisce energia, mantenendoci attivi fisicamente e psicologicamente.
Il secondo, invece, è stato sviluppato dall’industria ma non ha nessun effetto benefico per il nostro organismo.
Chiarito il malinteso andiamo avanti, cercando di spiegare perché lo zucchero bianco è cosi dannoso.